‘’Ma non sembri malato’’, è una frase che molte persone che vivono con una malattia invisibile si sentiranno dire spesso mentre si parla della loro salute. Potrebbe essere detta senza malizia, o anche essere intesa come un complimento, ma queste parole possono minare la consapevolezza riguardo la serietá delle malattie invisibili. È questa una delle sfide che le persone che convivono con queste malattie devono affrontare quando parlano in particolare con amici e familiari, che potrebbero non riuscire a comprendere facilmente una malattia di cui non vedono gli effetti.
Abbiamo contattato alcune persone che vivono con malattie invisibili, dall’ansia all’artrite reumatoide, perché potessero condividere le esperienze loro e delle altre persone che si trovano nella stessa situazione.
La vita con una malattia invisibile
Malattia invisibile è un’espressione che indica una situazione di disagio cronico che non è immediatamente visibile agli occhi degli altri. Comprende un’ampia gamma di malattie: diabete, artrite, lupus, depressione, ansia, sindrome dell’intestino irritabile sono solo alcune. Il fatto che queste malattie non siano visibili comporta delle difficoltà quando si tratta di spiegare gli effetti che hanno nella vita delle persone, soprattutto se si parla con chi non sta vivendo una situazione del genere. La spesso citata Teoria del cucchiaio è stata creata da Christine Miserandino per tentare di spiegare a un amico intimo come il lupus influenza la sua vita di tutti i giorni.
“Personalmente credo che vivere con una malattia invisibile sia tanto difficile quanto vivere con qualsiasi altra disabilità o malattia cronica’’, afferma Victoria Bartle, che nel suo blog parla della sua vita con la Colangite Biliare Primitiva (CBP), una malattia autoimmune che attacca i dotti biliari nel fegato.
“Ma a questo bisogna aggiungere il fatto che devi sempre e costantemente spiegare e difenderti, perché le persone generalmente non riescono a capire ciò che non è visibile agli occhi o di cui non hanno mai sentito parlare prima. Ho notato che in ogni nuova situazione sociale mi sento in dovere di spiegare perché uso un bastone o un girello per camminare, perché cammino molto lentamente o uso il bagno dei disabili, o perché prendo sempre l’ascensore e continuo a muovermi, a cambiare posizione o a chiedere uno specifico tipo di sedia.
“Quindi, spiego la mia situazione. Spiego che ho un dolore costante e persistente e che soffro di affaticamento cronico. Spiego che la mia mente si annebbia e potrei impappinarmi con le parole o dimenticare ciò che sto dicendo. Dico a tutti che non posso uscire eccetto che tra le 11 di mattina e le 3 del pomeriggio: a causa della stanchezza, di solito vado a letto intorno alle 6 di sera, quindi fare qualcosa più tardi per me è impossibile. Dico loro che ora ho bisogno di assistenza domiciliare, e che per anni ho avuto una persona che faceva le pulizie al posto mio perché non riesco a fare tutto e preferisco spendere le poche energie che ho per fare cose più divertenti e rendere la mia vita più vivibile.
“É difficile vivere ogni giorno in questo modo, ma preferisco spiegare, istruire e informare quelli che incontro riguardo la mia condizione piuttosto che sentirmi osservata, giudicata e sfidata verbalmente per il fatto di essere ‘’insolita’’ (cosa che accade sempre ai miei amici che soffrono di malattie invisibili)
“Ciò significa che devo spiegare che moltissime persone hanno delle disabilità invisibili, che tutti dovremmo aspettare un po’ prima di giudicare gli altri ed essere più gentili.
“Credo che il fatto di parlare alle persone della mia salute, renda più facile per loro il trattarmi normalmente. Posso chiedere aiuto senza sentirmi in imbarazzo perché le persone capiscono che ne ho bisogno e quindi non è un problema per loro aiutarmi. Conoscenza e comprensione sono la chiave che ci permette di interagire con la società allo stesso livello di qualsiasi altra persona. Non voglio essere etichettata come ‘’pigra’’, ‘’sfaticata’’ o, ancora peggio, essere vista come quella che ‘’finge’’, cosa che sembra essere l’opinione principale di molte persone riguardo le malattie invisibili. L’immagine che i media propongono delle persone che ricevono sussidi statali non ci favorisce per niente, quindi penso che dobbiamo difenderci e creare le nostre proprie opportunità per istruire gli altri a non basarsi solamente sull’apparenza.
“A tutti noi sta succedendo qualcosa, tutti abbiamo le nostre sfide personali, quindi aiutiamoci a superarle invece di insistere che sei malato solo se il tuo problema è evidente, visibile o conosciuto’’
La compassione è la chiave
Devri Velazquez convive con una rara malattia autoimmune chiamata Arterite di Takayasu (TAK), che causa infiammazione delle pareti arteriose, e sintomi come dolore, affaticamento, vertigini. Il suo è un messaggio di compassione e solidarietà.
“Ci sono un sacco di idee sbagliate riguardo alle malattie invisibili e, onestamente, non sapevo cosa significasse fino a che non me ne è stata diagnosticata una’’, racconta Devri.
“Vivere quel sentimento di incertezza nel sentirti dire che hai qualcosa per cui al momento non c’è nessuna cura e che ti provocherà dolori insopportabili ogni giorno per il resto della tua vita potrebbe essere una pillola piuttosto amara da mandar giù. Il più grande consiglio che posso dare a chiunque abbia un amico o un caro che ha un dolore cronico che non si può vedere é: pratica il massimo della compassione di cui sei capace.
“Non dubitare mai delle loro parole. Ho notato che esprimermi verbalmente è il modo migliore per comunicare ciò di cui il mio corpo ha bisogno in quel momento. Ho imparato ad essere esplicito in modo da proteggermi da un potenziale dolore in più, sia esso fisico o mentale, in un preciso momento. Ciò che viviamo noi persone affette da malattie invisibili è qualcosa che gli altri non potranno mai comprendere completamente.
“Ma sappi che è abbastanza anche solo il fatto di essere lì per noi come alleato, con la volontà di aiutarci ad alleviare le nostre sofferenze in qualsiasi modo possibile’’
Ogni giorno è differente
Shireen Hand vive con l’endometriosi, una malattia ginecologica per cui il tessuto che normalmente ricopre le pareti uterine cresce in un altre parti del corpo, per esempio intorno alle ovaie, alle tube di falloppio o nelle pelvi. Dopo la diagnosi all’età di 21 anni, a Shireen sono state anche diagnosticate la fibromialgia e l’osteoporosi ed ha convissuto con attacchi di ansia e depressione. Lei afferma che mentre il comportamento di persone con malattie invisibili può sembrare difficile da comprendere, ogni giorno in realtà rappresenta sfide diverse e c’è una ragione dietro ogni azione.
“Una malattia cronica non è evidente e il fatto che sia invisibile non la rende più facilmente comprensibile agli altri. Deve essere difficile vedere qualcuno in difficoltà, con lacrime che gli rigano il volto, prendendo pillole a destra e a manca, quasi incapace di camminare per il dolore di quel giorno, e poi il giorno successivo vederlo vestito e fuori di casa come se fosse tutto a posto.
“Ma, ve lo assicuro, è tutta una facciata. Un’apparenza che ci attacchiamo addosso per adeguarci alle persone intorno a noi. Qualcosa che ci fa sentire un po’ più normali, anche se non è la nostra normalità.
“Non cerchiamo attenzioni, né siamo ipocondriaci.
“Stiamo semplicemente cercando di vivere nel modo in cui il nostro corpo ce lo permette’’.
Imparare mentre si insegna
Eileen Davidson convive con due forme di artrite, una malattia che molti credono affligga solo persone anziane. Dopo essere stata diagnosticata, Ellen ha scoperto che insegnare aiutava non solo a istruire gli altri, ma anche se stessa.
“A volte il miglior modo di imparare veramente qualcosa è iniziare a insegnarlo. Ho notato che il modo migliore per istruire le persone intorno a me è essere chiari riguardo a ciò che mi sta succedendo.
“Tutto ciò mi ha anche aiutato a comprendere meglio la mia malattia cronica perché sono diventata più brava a comunicare l’incompreso dolore che sentivo dentro.
“Se mi guardi non diresti mai che ho due forme di artrite: reumatoide e osteoartrosi. Quando lo dico a qualcuno, cosa che non esito a fare, le reazioni variano da persona a persona. A volte puoi rimanerne sorpresa o ferita, alcuni lo capiranno e altri no, siano esse persone che conosci da tempo o nuove nella tua vita. È particolarmente difficile per le persone capire come le diverse forme di artrite possono debilitare la vita di qualcuno a qualsiasi età, inclusi i bambini.
“Più forte combatto la mia artrite e più perdo peso, più sembro in salute, cosa che porta le persone intorno a me a dubitare e a reagire con frasi del tipo ‘’ma non sembri malata’’ oppure ‘’sei troppo giovane per queste cose’’. Sfortunatamente alcuni hanno bisogno di un po’ di tempo per capire che sei malata e come la malattia influenza la tua vita.
Superare i limiti
A Robin Parrish é stato diagnosticato il lupus nel 2013. Dopo quattro anni, passati a convivere anche con fibromialgia, malattie cardiovascolari, POTS, ha deciso di iniziare a fare arti marziali. Nonostante alcuni abbiano alzato le sopracciglia di fronte alla sua decisione, essa gli ha dato una rinnovata voglia di vivere, nonostante le difficoltà che le sue malattie invisibili comportano.
“Ero pietrificato la prima volta che ho partecipato a una lezione di Hapkido nel Marzo del 2017. Ero convinto che non sarei riuscito a fare niente. Che tutti si sarebbero aspettati che facessi cose al di là delle mie possibilità fisiche.
“Ero un uomo di 41 anni con lupus, fibromialgia, POTS, depressione grave, e altre cose. Non ero atletico, ero scoordinato e il mio talento fisico era pari a zero. Inoltre non ero in forma, ero sovrappeso e la qualità della mia vita faceva schifo.
“Ma tutti I miei dottori mi pregavano di fare più esercizio, e mi sono imbattuto nel tipo di arte marziale chiamato Hapkido tramite un amico della chiesa. Non è necessario che tu abbia muscoli giganti o infinita resistenza o imponenti riserve di energia, perché usi la forza del tuo avversario come energia contro di lui. Per esempio, se un nemico ti tira un pugno o ti attacca, il Taekwondo o altri tipi di lotta ti insegnano a bloccare il colpo. L’Hapkido fa l’opposto: schivi l’avversario e usi il suo impeto per portarlo a terra o bloccargli il braccio. L’Hapkido non ha niente a che fare con la lotta: è, al contrario, un modo per porre fine a una lotta nel modo più veloce ed efficace possibile.
“Nonostante la mia famiglia e i miei amici mi supportassero, alcuni hanno messo in dubbio la salute mentale di un uomo di più di 40 anni che, affetto da dolori cronici, affaticamento, mente annebbiata, si cimentava in tutto questo, cosciente del costo che avrebbe comportato. Non avevo niente se non dubbi riguardo la possibilità del mio cervello annebbiato e confuso di imparare quei movimenti fluidi e complessi.
“Questo è stato più di un anno fa, e tra poco faro l’esame per la cintura di quinto livello (su 12 totali). Ho perso più di 40 Kg. Il mio atteggiamento, la mia disciplina, sicurezza, coordinazione e molte altre cose sono migliorate in maniera incommensurabile.
“Nessun medicinale al mondo mi fa sentire meglio di come mi sento quando finisco una lezione. Ed è incredibile quanto mi piaccia andarci!
“Ci sono milioni di ragioni per cui non dovrei essere in grado di fare Hapkido, dolore e limitazioni fisiche principalmente. È tutt’ora una delle attività fisiche più dure che io abbia mai fatto, e ho sempre bisogno di un po’ più di tempo rispetto al resto degli allievi per imparare a fare una mossa. Ma va bene, perché non mi arrendo.
“Finora sono sopravvissuto a frattura da sforzo del metatarso, distorsione al ginocchio, fasciosi plantare, asma, la peggior infiammazione da lupus che io abbia mai avuto, e altre cose.
“E senza dubbio lo rifarei di nuovo. Da quando ho raggiunto una miglior forma fisica e ho acquisito piú esperienza nell’Hapkido, per me la questione riguarda sempre meno il fatto di essere piú informa, e sempre piú il fatto di dimostrare a me stesso che il lupus, la fibromialgia e tutto il resto non definiscono chi sono io, né mi controllano.
‘’Questa vita appartiene a me, non alle mie malattie. Contro ogni previsione, l’Hapkido é diventato l’arma migliore nella mia battaglia per la vita.’’
Aprirsi e parlare di salute mentale
Malattie come depressione e ansia non solo sono comprese all’interno del termine ombrello ‘’malattie invisibili’’, ma portano con sé anche uno stigma sociale associato alle condizioni di salute mentale. Amy, il cui blog descrive dettagliatamente la sua vita con l’ansia, crede che questo argomento debba essere affrontato in modo che le persone con malattie disturbi riguardanti la salute mentale si sentano a loro agio a parlarne.
“Quando qualcuno ha la pressione altra gli vengono prescritte delle medicine, anche se dall’esterno la pressione alta non si puó vedere. Allo stesso modo, le malattie mentali sono invisibili, ma non sono trattate con lo stesso rispetto. Perché accade tutto questo? Entrambe, se non trattate e curate, possono uccidere. Le malattie mentali meritano lo stesso rispetto di qualsiasi altra malattia fisica perché la mente senza il corpo non puó funzionare, e viceversa.
“Non vergognatevi. Parlate, trovate un aiuto e siate consapevoli che potete superare tutto questo.
''É piú facile dirlo che farlo ma é estremamente benefico. Credetemi!''
Una persona che non ha nessuna malattia invisibile non potrá mai comprendere a pieno come si sentono veramente coloro che, invece, ci convivono. In ogni caso anche solo il fatto di avere una mentalitá aperta, ascoltare, e trattenersi dal giudicare, è utile e di aiuto per rendere la vita quotidiana delle persone che vivono con questo genere di disturbi un po’ piú facile.
Un immenso grazie a tutti coloro che hanno contribuito a questo articolo.
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